Il San Francesco che resiste
di Franco Colomo

1 Maggio 2024

4' di lettura

Una «mancanza di governance» (l’insieme di principi, modi e procedure per il governo di un ente o società ndr) a livello centrale e la «cattiva distribuzione delle risorse» – umane prima di tutto – vale a dire lo squilibrio nella «distribuzione dei medici tra i poli di Cagliari e soprattutto Sassari rispetto a Nuoro», sono queste le principali cause della crisi in cui versa la sanità e a farne le spese è il territorio del Nuorese e in particolare il suo ospedale. Sebbene gli operatori del San Francesco siano vincolati al silenzio dalle norme aziendali, non riescono a tacere il proprio disappunto anche a fronte di recenti attacchi con tanto di richiesta di dimissioni arrivati nelle scorse settimane sui canali social e di conseguenza sui giornali. La prudenza nell’esporsi è dettata anche dal fatto che il nuovo governo regionale e il nuovo assessore alla Sanità si siano appena insediati, ma certo il personale non ha gradito che in una delle sue prime uscite la presidente in pectore «sposasse la tesi di un ospedale al collasso di fatto screditando i medici».

«Il problema principale è che a Nuoro in questo momento non ci sono i medici e non ci sono per i motivi detti sopra. Non è normale che per alcune specialità Sassari abbia un organico al 100% e Nuoro al 30%, permetteteci almeno di arrivare al 50% facendo scendere loro all’80%. Noi ce la stiamo mettendo tutta – ci confidano – ma non c’è stata un minimo di programmazione negli anni scorsi. È stato permesso negli ultimi anni che l’ospedale San Francesco fosse smontato, ma dov’erano tutti quando questo accadeva?» – l’accusa.

Non passa giorno in cui l’ospedale non sia sotto i riflettori per le gravi carenze nei reparti ma per quanto l’emergenza sia conclamata è altrettanto vero che è in atto una riorganizzazione: Medicina ha un nuovo direttore, come pure Geriatria, è in arrivo un professionista per Neurochirurgia, Cardiologia e Urologia hanno un’ottima guida, anche il Pronto soccorso regge, nonostante tutto. Mancano ematologi – è prossimo un pensionamento – e oncologi, è un problema la nefrologia «ma torniamo al discorso che senza programmazione non si va da nessuna parte». In alcuni casi, poi, si è perso l’accreditamento per la specializzazione. Non solo questo però, l’ospedale deve essere attrattivo, «abbiamo bisogno di giovani ma quando ci sono dobbiamo farli correre, non fargli compilare cartelle. Vanno formati, mandati fuori per aggiornarsi, devono saper parlare ai convegni, ma poi qui devono buttare il cuore oltre l’ostacolo». 

L’ultimo tema è forse il più importante, deve cambiare il modello assistenziale e il campo da gioco è quello dell’innovazione. Da questo punto di vista Nuoro sta facendo passi importanti con la telemedicina. Ma «cambiare i comportamenti – riconoscono i nostri interlocutori – è la cosa più difficile».

La telemedicina è l’unica possibilità per ottimizzare la gestione dei pazienti cronici, come avviene ad esempio per il progetto “scompenso cardiaco”. Al momento sono circa 500 i pazienti seguiti, si conta a fine anno di raggiungere le 800 o 900 persone. Questo ha permesso di ridurre drasticamente gli accessi in ospedale, i ricoveri per scompenso cardiaco nei reparti internistici, ad esempio, sono calati almeno del 30%, con ciò che ne consegue.

I progetti non mancano, Nuoro può diventare un modello, ma ha bisogno di risposte perché il tempo gioca a suo sfavore. L’emergenza non può essere normalità.

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