L'opera di suo Maria Feliciana Pusceddu. In basso: primo piano della religiosa
Il Congo di suor Maria Feliciana
di Luca Mele

2 Febbraio 2024

5' di lettura

L’Ortobene ospitava proprio un anno fa Suor Maria Feliciana Pusceddu, Figlia di San Giuseppe nata a Orotelli nel 1942 e attualmente missionaria in Congo. Nel numero 6 del 2023 del nostro settimanale la religiosa raccontava l’incontro con Papa Francesco durante il viaggio apostolico in Africa; oggi ritorna su queste colonne la sua testimonianza, anche perché le iniziative promosse in Diocesi per la prossima Giornata mondiale del Malato sono un invito a sostenere la sua opera tra i lebbrosi a lei affidati.

Suor Maria Feliciana, com’è nata l’idea di partire lontano?
«Nel corso della sua storia il nostro Istituto ha fondato nuove comunità in tutto il mondo e, ritrovandomi in questo respiro universale già nel periodo successivo alla mia prima professione religiosa avvenuta nel 1961, manifestai alla Madre generale il desiderio di contribuire all’opera vocazionale verso gli altri continenti, senza dettare una destinazione specifica. Ma, riconoscendo in me uno speciale carisma nell’amore verso i più piccoli, per i primi 25 anni da consacrata sono rimasta in Sardegna, chiamata a offrire il mio servizio in quelle strutture che allora venivano chiamate “orfanotrofi”: ho lavorato ad Abbasanta, Cagliari, Santu Lussurgiu, Dorgali…».

Come è arrivata in Congo, allora?
«Inizialmente si prospettò un viaggio in India, ma la politica sul soggiorno semestrale e conseguenti rinnovi con visti, permessi, documenti richiesti dalla Stato ha scoraggiato un po’ tutti. Successivamente si presentò una seconda occasione, però a giudizio dei medici l’esile corporatura non faceva di me una donna di robusta e di sana costituzione in grado di affrontare un trasferimento lontano da qui. Finalmente, compiuti i miei 50 anni di età, davanti ai problemi di salute di una mia consorella a Brazzaville, memore della mia disponibilità, la Superiora mi chiese se fossi ancora propensa a partire: nel giro di 8 giorni già mi ritrovavo in Belgio per lo studio della lingua e, terminata l’esperienza formativa, sono arrivata nella capitale congolese. Qui inizialmente ho lavorato per un semestre in nunziatura; poi mi è stata affidato l’accompagnamento vocazionale delle novizie, in una struttura a 13 km, fino a quando siamo dovute scappare».

Come “scappare”?
«Dal 1991 al 1998 si sono susseguite tre guerre civili, anche la Chiesa è stata continuamente nel mirino dei sovvertitori. Noi siamo state attaccate una prima volta da tre ribelli che volevano rubare la macchina, ma non riuscirono a guidare quel 4×4 di cui solo la maestra delle novizie conosceva i meccanismi di avviamento. La seconda volta la “visita” di un commando di sedici uomini armati, che ci hanno puntato il fucile per ottenere i soldi, frugando ovunque e costringendoci ad aprire il tabernacolo che appariva come una cassaforte; da quel giorno siamo state costrette a pagare dei poliziotti per proteggerci. La situazione, comunque, degenerava di continuo e abbiamo chiesto di essere accolte nei locali della nunziatura, la quale non fu certo immune dalle aggressioni: qui, l’ennesimo assalto, da cui siamo potuti scappare dal retro della struttura per rifugiarci tre giorni e tre notti nella foresta, fra piogge e serpenti». 

È incredibile come abbiate potuto resistere…
«Io lo racconto solo per testimoniare la grazia divina, la provvidenza del Signore che ci suggeriva cosa fare e cosa non fare davanti ai rivoltosi, come rispondere e quando stare zitti davanti alle minacce di morte. In quel contesto ho interpellato la Casa generalizia, così abbiamo ottenuto i biglietti: in 48 ore era pronta tutta la documentazione e siamo partite. Giunte all’aeroporto siamo state fermate come sospettate e un “angelo”, un uomo a noi sconosciuto, ha convinto le guardie a farci salire in aereo; allo scalo prima del volo internazionale ho domandato con faccia tosta al primo ufficio o negozio se potessi fare una telefonata per l’Italia, senza uno spicciolo in tasca, e sono stata accolta con gentilezza e generosità… Al nostro arrivo, immaginate la gioia, specialmente per le ragazze».

Nonostante tutto è ripartita per il Congo.
«Sì, dopo il 1998, con l’intervento delle autorità di governo, il clima si è rasserenato. Sono stata inviata nella nunziatura di Kinshasa, la quale ha una grande giurisdizione (annovera almeno 50 diocesi). L’Arcivescovo e i suoi collaboratori mi hanno coinvolta da subito nelle opere di assistenza e carità per la popolazione locale. Tra di esse c’è il lebbrosario, che avevo trovato in condizioni disastrose: con la generosità di alcuni benefattori da Oristano e dalla parrocchia di San Francesco di Nuoro, abbiamo potuto pulire gli spazi esterni e sistemare i locali interni, creare una sala operatoria degna del nome con tutti i dispositivi e le apparecchiature, costruire i bagni e realizzare una sala di attesa per i pazienti. Lavori possibili grazie anche all’impresa edile del posto, il cui titolare è italiano, che ci ha regalato tanta manodopera».

Quali traguardi volete ancora raggiungere?
«Vorremo, sempre nel lebbrosario, realizzare una sala parto e uno spazio per i bambini figli degli ammalati, dove proporre specifiche attività per la loro crescita e la loro istruzione».


Come sostenere la missione

Oltre alle offerte che saranno raccolte nella celebrazione diocesana del 10 febbraio, è possibile sostenere la missione di suor Maria Feliciana con un bonifico da effettuare entro il 15 marzo:

Diocesi di Nuoro
Banca: UNICREDIT SPA
IBAN: IT34N0200817302000004299287
indicando nella causale «Missione Suor Feliciana in Congo».

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