Una culla per la vita al Policlinico di Milano
Enea, una madre, la mia storia e il rispetto che è dovuto alla vita
di Mario Demuru Zidda

29 Aprile 2023

3' di lettura

Mia madre non mi ha abbandonato, mi ha affidato ad un istituto… eppure io mi sono sentito abbandonato.

Mia madre non ha protetto il suo anonimato, mi ha dato il suo cognome… eppure io non mi riconoscevo in quel cognome.

Mia madre non c’era nelle mie preghiere di bambino… eppure io mi sentivo in colpa.

Mia madre non ha avuto un volto, un profumo, un modo di vestire… eppure l’ho cercata fra i ricordi sfuggenti del bambino che ero.

Rancore?… forse… forse è stato tale, o chissà che altro; sicuramente dubbio, incertezza, non capire, tanti “perché” inevasi.

Oggi depongo per lei un cero accanto a quello delle mie madri adottive… ma mi ci è voluto tempo, e riflessione, dentro l’intimo smarrimento per cercare di capire le cose, e riconciliarmi con la mia vita… e la sua vita a me sconosciuta.

Capire che il cognome che mi ha dato significava il suo riconoscermi come figlio, il suo pensarmi come figlio… pensarmi!

Significava non volersi perdere nel nulla per proteggere sè stessa nell’anonimato… come pure avrebbe potuto fare… pur essendosi davvero persa nel nulla, per me… fin quando son diventato uomo; significava donarmi il mio diritto alla vita… che pure avrebbe potuto non donarmi.

Un percorso contraddittorio, la mia infanzia, la mia adolescenza, sempre: voler conoscere e voler dimenticare e non sapere; intimamente amare e disconoscere quell’amore per il dubbio di non essere amato; sentirmi in colpa per non saper rispondere alle domande della gente che mi chiedeva di spiegare; sentirmi diverso perché non possedevo le credenziali di una famiglia normale… sentire su di me sguardi sospesi… parole sospese… domande inespresse.

È stato un percorso accidentato, il mio; ma oggi posso dire di capire molte cose che avrei potuto non capire di questo mondo, di questa vita… e del rispetto che è dovuto al mondo e alla vita… quella mia, quella degli altri. Oggi so cosa vuol dire il rispetto che si esprime nel non giudicare… anzi di pensare che la vita ha mille volti e mille risvolti che non giungerò a capire: dunque perché giudicare, perché pensare di avere un diritto nel voler giudicare quanto neppure si è capito, perché giudicare gli altri.

Oggi questo riguarda la madre di Enea, come ieri ha riguardato mia madre, in modi diversi entrambe ignote ai propri figli… ma questo non deve alimentare le pruderie, e i pietismi, e i bigottismi, e i dogmatismi della gente! Questo oggi riguarda Enea e sua madre che resta madre, come ieri ha riguardato me e mia madre… che ho faticato a scoprire dentro di me, e che ho riscoperto madre al di là del repentino distacco: rende sereni avercela fatta… si fa pace con la propria storia e con tutti coloro che vi hanno appartenuto… con la madre che non ho conosciuto.

Tutto questo ho voluto e voglio testimoniare: perché tutti dovremmo capire.

Enea troverà la propria strada, come io ho trovato la mia: dolore? sofferenza? Si, ma anche vita e… chissà, gioia, amore e la vita che si costruisce giorno per giorno.

Buona sorte, Enea… buona sorte madre sconosciuta… come sempre resterai: madre.

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