La diga del Govossai
Dighe, un sistema che fa acqua da tutte le parti
di Graziano Canu

14 Febbraio 2024

4' di lettura

Primavera 2017. Alcuni pastori denunciano l’incomprensibile svuotamento della diga del Govossai, vicino a Fonni. Con l’estate in arrivo e con la siccità, problema cronico dell’Isola, la decisione appare davvero poco comprensibile. Dall’ente gestore delle risorse idriche però, arrivano subito le assicurazioni: provvedimento indispensabile per l’esecuzione di alcuni urgenti interventi, legati alla messa in sicurezza della diga. Sette anni dopo, alla faccia dell’urgenza, i lavori non sono stati eseguiti e neppure avviati. Questo, nonostante nel 2018 fosse stato annunciato un finanziamento di 12 milioni di euro, proprio per consolidare lo sbarramento del Govossai e quello della vicina diga di Olai. Per l’intervento ad oggi, febbraio 2024, si sarebbe ancora in fase di progettazione. Così la diga continua a scaricare, 24 ore su 24 per 365 giorni all’anno, anche nei periodi di siccità, come quello attuale, con l’Isola alle prese con le prime restrizioni. Uno sbarramento dove convogliano le acque dalle montagne e anche in periodi di siccità potrebbe invasare senza alcun problema. Altro paradosso, l’acqua scaricata non finisce nella vicina Olai, invaso dal quale si approvvigionano una ventina di comuni del nuorese, capoluogo compreso. Questo nonostante esista da molti anni una interconnessione. Il questo caso il motivo sarebbe da ricercarsi nei danni provocati dai vandali, e mai riparati, alla centrale di pompaggio. 

Sulle dighe, decisamente, il centro Sardegna, non può essere preso a modello. Detto del Govossai, a Cumbidanovu, vicino a Orgosolo, l’invaso è in costruzione (si fa per dire) da quasi 40 anni. Una storia lunga e tormentata, fatta di lunghi stop, altrettanto lunghi contenziosi, diverse inaugurazioni per la ripresa dei lavori e altre brusche fermate. Miliardi di lire e milioni di euro gettati al vento, con una vicenda sbloccatasi solo di recente. I lavori di completamento, dopo il nuovo appalto però, non sono ancora iniziati. 

A Maccheronis – Torpè (invaso oggi desolatamente vuoto per la siccità) ci sono voluti molti anni, per realizzare gli interventi di messa in sicurezza e soprattutto le nuove paratoie che dovrebbero servire a dire addio al piano di laminazione, con conseguente possibilità di conservare una risorsa (decine di milioni di metri cubi) a ogni primavera destinata ad essere scaricata in mare. Arenato invece il progetto di innalzamento dello sbarramento, con finanziamento in cassa, pensato per aumentare la capienza di un invaso chiaramente insufficiente per le necessità agricole e potabili di una grande area e di decine di comuni. In questo territorio poi (da dove parte l’acqua per le perennemente assetate bassa Gallura e la Baronia) il Consorzio di Bonifica della Sardegna Centrale, insegue da anni la realizzazione di una seconda diga (Abba Lughente) a monte di Maccheronis. Nel 2002 era stato anche realizzato il progetto definitivo per un invaso dalla capienza prevista di oltre 65 milioni di metri cubi (tre volte Maccheronis). Opera, secondo il presidente del Consorzio Ambrogio Guiso, che avrebbe messo definitivamente la parola fine ai problemi idrici di un vastissimo territorio. Il progetto, anche per le resistenze di qualche comune, è ancora nei cassetti dell’ente. 

Una delle conseguenze più temute dei cambiamenti climatici potrebbe essere un allungamento dei periodi di siccità. I territori dovrebbero quindi prepararsi a questa eventualità e non è quanto sta accadendo. Basti pensare ai tempi dei lavori sulle dighe e a una rete idrica colabrodo, dove si disperde gran parte della acqua immessa. Non c’è centro urbano immune dal problema al quale si aggiunge quello dei tempi biblici per le riparazioni. Negli ultimi anni Abbanoa ha annunciato e in qualche caso effettuato interventi di miglioramento, ma appare davvero troppo poco rispetto alla complessità del problema. Basti pensare alla condotta che dal potabilizzatore di Janna e Ferru porta l’acqua a Mamoiada e Nuoro. Dopo la gravissima crisi registratasi nel 2020, con le due comunità rimaste senz’acqua per cinque giorni, con tanto di intervento dell’esercito e della protezione civile, e dopo tante proteste, venne avviata la realizzazione della nuova infrastruttura. Ma il sogno di averla in tempi decenti è durato poco. Da anni i lavori sono infatti fermi a Mamoiada in località Loreto Attesu. 

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