Tuttinuoresi
di Franco Colomo
21 Marzo 2024

Ha suscitato clamore, soprattutto mediatico, il caso del post di una giornalista del Corriere della Sera che ha affidato a Facebook la propria denuncia per lo stato in cui ha trovato il reparto di Medicina dell’ospedale San Francesco di Nuoro dove si è trovata ad accompagnare una parente. Non è questa la sede per ricostruire i fatti, tra l’altro ripresi nei giorni successivi da piccoli e grandi giornali, riverenti e con poca fantasia, sul web e sulla carta. È il caso invece di riflettere sulle implicazioni di quel gesto, compiuto, ricordiamo, da una professionista dell’informazione. Questo, intanto, dice molto sulla deriva del nostro mestiere. Saremo forse ingenui e romantici ma non ci rassegniamo all’idea che un giornalista sia un influencer che il giorno dopo il suo sfogo virtuale ne misura la portata sui “mi piace”, i commenti e le condivisioni social. No, un giornalista non dà in pasto alla fogna di Facebook nomi e cognomi di professionisti perché chiunque si senta libero di sputare la propria frustrazione e rabbia per lo stato della sanità sarda addosso a persone che hanno la sola colpa di lavorare in emergenza. Meglio avrebbe fatto la collega a curare una inchiesta, contestualizzare ciò che ha visto, pesare le parole. Attenzione, non si intende giustificare la Asl di Nuoro. Questo fatto conferma, infatti, il tremendo autogol che l’azienda sanitaria ha siglato impedendo ai propri dipendenti di confrontarsi con la stampa. Se fosse possibile parlare liberamente, se medici, infermieri, Oss, fino all’ultimo dei barellieri, potessero esprimere quello che vivono ogni giorno sul campo forse non si arriverebbe agli eccessi che abbiamo visto in questa occasione come in altre. Invitiamo i vertici aziendali a rivedere la clausola che vieta al personale di rilasciare dichiarazioni. Non può esistere una informazione univoca. Solo dal dialogo e reciproco ascolto è possibile far nascere una comunicazione efficace e costruttiva su un tema tanto delicato com’è quello della salute delle persone.

Ci sia concessa una battuta, per concludere. Sinceramente ne abbiamo abbastanza di nuoresi che ci dicono da Milano o da Bologna o da Cagliari (che in molti, e i politici locali insegnano, reputano un punto di arrivo per le proprie ambizioni) come dobbiamo stare al mondo. Nuoro si sceglie e si cambia prima di tutto vivendoci, scommettendo sul futuro dei nostri figli, nonostante tutto.

Ps. La famosa finestra del reparto chiusa con le bende era in realtà già stata aggiustata, avevano dimenticato di togliere l’adesivo, i pazienti erano più importanti. Anche noi abbiamo le nostre fonti.

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