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L’Ortobene
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di Nuoro n. 35/2017 V.G.
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Direttore Responsabile:
Francesco Mariani
Giulini e anche giulivi. Le discese ardite e le risalite, l’anno scorso di questi tempi il Cagliari calcio retrocesse in serie B, e nella classifica di gradimento dei presidenti di regione il nostro si piazzò fra gli ultimi, quest’ anno ha voluto strafare ed è ultimo in classifica, mentre i rossoblù hanno conquistato dopo un anno la promozione nella massima serie. E come per magia ci siamo sentiti tutti sardi ma anche italiani, perché pure coloro che hanno idee indipendentistiche quando si tratta di calcio sfumano le posizioni. Poi ci sono quelli, parecchi dei quali digiuni di storia, che hanno coperto con la bandiera rossoblù e dei Quattromori la statua di Carlo Felice, uno degli aborriti Savoia.
La vittoria ha un nome e un cognome: Claudio Ranieri. Tornato a Cagliari, a metà stagione, dopo più di 30 anni per affetto e riconoscenza, certo stimolato anche da un buon contratto, col buonsenso e la grande esperienza ha fatto sembrare anche qualche brocco un purosangue. L’allenatore romano non si è mai impancato a maestro di calcio, a inventore di chissà quale alchimia tattica ma ha preteso impegno e comportamenti educati, dando l’esempio anche nell’ultima partita quando è andato a zittire i tifosi cagliaritani che sfottevano i baresi. Ranieri già in Inghilterra riuscì nell’ impresa di far vincere a una squadra, il Leicester, non certo tra le favorite, il campionato e ciò lo consegna alla storia del calcio. E sappiamo quanto il calcio per noi italiani sia importante, scomparso Berlusconi ne sono state dette di ogni, l’unico riconoscimento pressoché unanime gli è stato tributato per il suo Milan.
Ranieri nelle conferenze stampa raramente è spumeggiante, fa ragionamenti da buon padre di famiglia, in qualche occasione scivola verso il banale, non c’ è frase in cui non c’infili un “per cui”, ma questa normalità è il suo pregio. In tanti anni ha capito che, come afferma il grande Josè Mourinho, chi sa solo di calcio non sa nulla di calcio. Ora arriva il bello ma anche il difficile, riuscire a confermarsi in serie A, perché la gratitudine, si sa, è il sentimento della vigilia, basteranno un paio di partite storte perché venga definito superato e bollito. Se ciò dovesse succedere, si vedrà se il presidente Giulini avrà imparato la lezione e saprà difenderlo. Vincere è difficile, rivincere lo è ancor di più, vincere e convincere è di pochi.
Chi indossa la maglia del Cagliari dovrebbe sempre tenere a mente che quei colori, soprattutto per i tanti sardi emigrati, hanno un significato che travalica il calcio. Sono simbolo di appartenenza, speranza di riscatto, alito di felicità. E con questa sviolinata retorica diamo il bentornato in serie A ai rossoblù, con l’auspicio che pure negli altri campi si riesca a salire di categoria.