Canzoni stonate e senso del pudore
di Angelo Sirca
16 Marzo 2023

Capita quasi a tutti: quando si pranza o si cena di ascoltare la tv mentre snocciola le disgrazie del mondo. Fra un terremoto e un’alluvione si chiede al commensale di passarci il sale, tra un naufragio e una strage si sorseggia il vino pregiato. Ma anche l’indifferenza ha, o dovrebbe, avere un limite. Non si può convocare, dove è accaduta l’ultima tragedia del mare, il Consiglio dei ministri, fare la faccia seria, dirsi rattristati, farsi scivolare qualche lacrima (a questo punto è facile credere si tratti di trucco che cola), e poi prendere l’aereo e dedicarsi a cantare, seppur in una festa privata. La sobrietà ha lasciato posto a uno stupido esibizionismo; ci viene difficile immaginare De Gasperi, Einaudi, Fanfani prodursi in performance da avanspettacolo. Si è perso il senso del limite e quello del ridicolo. Agli atteggiamenti scomposti di chi governa fa da contraltare lo sciacallaggio dell’opposizione e quello mediatico. Abbiamo buona memoria, però, per ricordare un ministro della Repubblica, tale Pecoraro Scanio, ai funerali dei soldati italiani caduti in Iraq, prodursi in risate idiote durante il rito funebre.  Apprezziamo l’intervento di Renzi in parlamento, ma non possiamo scordare come si faccia accreditare cospicui assegni dopo essere andato in Arabia Saudita a decantare un regime che usa le maniere spicce con oppositori, donne e fedeli di religione non musulmana.

La cosa più triste è lo scatenarsi delle tifoserie, giornali e intellettuali filo governativi si producono in contorsioni verbali per giustificare comportamenti inappropriati. Non tutto ciò che è legale è anche opportuno. I media del mainstream, invece, s’ indignano con vibranti lettere aperte, con editoriali tonanti ed arrabbiati. Poi la sera ci si vede in terrazza ad annegare il dolore nel veuve clicquot.

Non crediamo: “pietà l’è morta”, ma ci aspetteremmo un atteggiamento più consono al ruolo che si ricopre. Lo si deve a chi è perito nel naufragio vicino alle coste calabresi, e lo si deve a chi crede che rappresentare un popolo richieda serietà e misura. Non abbiam bisogno di parole vuote ma di fatti e anche di silenzi. Conta, infine, ciò che si fa non quanto si racconta.

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