Mondiali in Qatar, campioni e milioni
di Angelo Sirca
24 Dicembre 2022

Anni fa, quando vennero assegnati i mondiali di calcio del 2022 al Qatar, in molti rimasero perplessi. Altri invece s’informarono subito quale fosse la moneta in uso in quello stato arabo. È trascorso il tempo, si sono aperti i cantieri. Sono morti migliaia di operai. Ogni tanto qualche voce indignata ricordava: i diritti dei lavoratori sono calpestati, quelli delle minoranze sono un’ipotesi. Ma gli emiri avevano dei corifei che ne lodavano i progressi sociali ed economici. Ora veniamo a sapere che l’opera di abbellimento mediatico non era a costo zero. Ancora non ci eravamo ripresi dalle mirabilie del cane della Cirinnà che “stampava” moneta nella cuccia, dalle acrobazie amministrative dei famigli dell’uomo, Soumahoro, con gli stivali che ci ritroviamo un manipolo di pubblici fustigatori delle debolezze altrui a libro paga dei qatarioti. 

Questi mondiali, pur assente l’Italia, giocati nel tardo autunno, hanno avuto grande seguito televisivo. Sono stati un apostrofo albiceleste tra il prezzo del gas in aumento e quello del cenone. Cristiano Ronaldo è mestamente uscito col proprio ego. Mbappè con la sua velocità ha tracciato nei campi di calcio traiettorie di classe purissima. E l’argentino, che nelle precedenti occasioni non era stato un Messi/a ma profeta minore, ha distribuito perle e assist con la naturalezza del genio. Dicono: sì, va bene, ma Maradona rimane un’altra cosa. E allora Pelè? Insomma, il “benaltrismo” applicato al calcio. La vittoria di Messi e i suoi fratelli sarà l’ennesimo panem (poco) et circenses per un popolo in perenne affanno economico. Le celebrazioni dei mondiali vinti dagli argentini hanno sempre travalicato la mera cronaca sportiva per farsi mito e sogno, poi rimasto tale, di riscatto. 

Noi italiani siamo stati tutti croati, ma poi ci si è ricordati che alcuni di loro hanno venature nazisteggianti, e poi siamo diventati marocchini, pronti però a mandarli al diavolo quando si avvicineranno tentando di venderci le loro merci. E siamo stati giapponesi quando hanno ripulito i posti occupati negli stadi, mentre già preparavamo il sacchetto d’immondizia da scaraventare alla prima curva. Abbiamo ascoltato la retorica di certi commenti farsi fanatismo, pronostici smentiti dai fatti e dagli stessi che li avevano fatti; visto programmi infarciti di melenso buonismo, gol festeggiati e poi annullati dal Var per un millimetro, lacrime e sorrisi, improbabili tifosi a gettone e complottisti da salotto.  

Ciononostante il calcio che muove i soldi a sacchi, rimane una delle poche rappresentazioni sacre del nostro tempo. «È rito nel fondo anche se è evasione. Il calcio è uno spettacolo –  disse Pasolini –  in cui un mondo reale, di carne, quello degli spalti dello stadio, si misura con dei protagonisti reali, gli atleti in campo, che si muovono e si comportano secondo un rituale preciso».

Fra meno di 4 anni la coppa del mondo si giocherà in America. La moneta in uso la conosciamo, qualcuno che si venderà fosse solo per il gusto di vendersi non mancherà. 

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