I Tenores Remmunnu ‘e Locu con Mahmood a Sanremo
Com’è profondo il tenore a Sanremo
Musica. I Tenores Remunnu ‘e Locu hanno festeggiato cinquant’anni sul palco dell’Ariston nella serata dei duetti insieme a Mahmood: «Per noi l’orgoglio di rappresentare un’intera Isola»
di Luca Mele

24 Febbraio 2024

4' di lettura

Al loro rientro da Sanremo, abbiamo potuto intervistare i Tenores Remunnu ‘e Locu di Bitti protagonisti accanto a Mahmood nell’esibizione del 9 febbraio scorso per la serata dei duetti e cover all’interno del 74° Festival della canzone italiana. Il giovane Andrea Sella, mezza voce, si è fatto interprete dei sentimenti di Dino Ruiu (voce), di Pierluigi Giorno (contra) e di Mario Pira (basso) per condividere con il nostro settimanale l’esperienza di quasi due settimane fa.

Andrea, quale modo migliore per festeggiare i vostri 50 anni se non sul palcoscenico più importante della musica italiana?
«Già, i Tenores Remunnu ‘e Locu nascono ufficialmente nel 1974 con Daniele Cossellu, Piero Sanna, Salvatore Bandinu e Tancredi Tucconi. Anche se prima di dedicare questa realtà all’illustre poeta Raimondo Delogu, già esisteva e si esibita informalmente come Tenores de la Pro Loco. L’onore di essere a Sanremo è stato motivo per celebrare coloro che hanno fatto la nostra storia».

In un comunicato dell’8 febbraio, il Comune di Bitti dichiarava come «tra le piazze, i negozi, i bar del paese» non si parlasse d’altro per la «grande attesa». Siete riusciti a soddisfare le aspettative e non deludere i vostri sostenitori?
«Beh, dovremmo chiederlo a loro! Mi permetto di affermare, dalle attestazioni di stima e di amicizia di esserci un po’ riusciti. Avevamo una grossa responsabilità, quella di rappresentare un intero popolo, non solo la nostra comunità. Personalmente, per noi è stato un immenso di orgoglio e un’emozione unica». 

Eppure siete abituati alle vetrine internazionali: dall’Australia all’Argentina, dal Canada a Cuba, dagli Usa all’Egitto, dal Marocco alla Francia… Arrivare al ponente ligure è stato davvero motivo di trepidazione?
«Certamente, perché ogni occasione è sempre nuova e irripetibile. In più ci siamo trovati davanti a una pericolosa sfida, ovvero coniugare stili musicali completamente diversi: la canzone di Lucio Dalla, la voce di Mahmood e la nostra espressione artistica, così originale e autoctona».

Comunque Mahmood vi avrà saputo incoraggiare. In conferenza stampa ha condiviso la vostra speciale ospitalità, la vostra premura nei suoi confronti nel volergli portare le prelibatezze della Sardegna; e soprattutto ha spiegato la vostra magistrale bravura nel canto e nell’intonazione.
«Assolutamente sì, ci ha accompagnato la certezza di essere conterranei. Un feeling che ci ha permesso di poterlo chiamare con il suo nome di battesimo, Alessandro. Mahmood, seppur nato e cresciuto a Milano, è un vero sardo, parla il dialetto, e ogni estate rientra a Orosei, paese d’origine della madre, dove risiedono tanti parenti: solo gli zii materni sono, mi pare, una decina. Grazie a lui un progetto musicale impossibile è diventato realtà e abbiamo voluto rappresentare il nostro sodalizio con il gesto della bandiera dei quattro mori».

Ritorno su Come è profondo il mare: il significato che ne dà l’autore si spiega nel conteso degli anni di piombo. Parallelamente la Sardegna viveva un periodo altrettanto brutto a causa del banditismo e dei sequestri. Quanto vi siete ritrovati in questo?
«Tantissimo, viviamo circondati dal mare, affascinante e ancora sconosciuto, regno di pace e simbolo di paure. Da una parte l’aspetto negativo, perché ci isola in mezzo ai continenti, dall’altra un viaggio da superare, anche tra le tempeste, per incontrarsi ancora. A tal proposito, l’esibizione è stata introdotta dai versi di Pauliccu Mossa di Bonorva, poesia scelta di proposito perché a nostro avviso perfettamente in tema: Finis, de s’Oceanu violentu / Currer dia sas abbas piùs malas (Infine, dell’Oceano violento, attraverserei le acque più feroci)». 

Ultima domanda: prevale la soddisfazione del gruppo o la consapevolezza che quella serata ha reso fiera tutta la Sardegna, dove sono innumerevoli i Tenores di oggi e di ieri?
«Penso tutti e due: è come se sullo stesso podio sia salito il nostro e il vanto di tutti i paesi dell’Isola. Noi – lo ripeto – siamo onorati e felici; ma la meraviglia delle nostre tradizioni e la passione per la nostra cultura sono e devono essere le note con cui ogni sardo può cantare la propria identità».

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