Trovatori
Ciò che occorre per edificare una società giusta
La promozione della parola ‘merito’ nell’intitolazione istituzionale ha scatenato forti reazioni, sia nel mondo cattolico che in ampi settori della Sinistra italiana.
di Paolo Maninchedda

4 Novembre 2022

4' di lettura

La Presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha modificato i nomi di alcuni ministeri. Quello della scuola è diventato il Ministero dell’istruzione e del merito.
La promozione della parola ‘merito’ nell’intitolazione istituzionale ha scatenato forti reazioni, sia nel mondo cattolico che in ampi settori della Sinistra italiana. Ed è così che la meritocrazia, da contenuto tipico della cultura solidarista e progressista italiana, è stata in un attimo consegnata alla Destra di governo e pertanto censurata.

Bisognerebbe ricordare alcuni passaggi culturali dimenticati e restaurare così la verità delle cose.
Si diventava e si diventa forse re, conte, marchese o barone per merito? No, per nascita. Si può essere delle persone abiette e divenire comunque re. La storia ne è stracolma.
Fino al 1804 i primogeniti ereditavano le terre, i beni, i feudi e i titoli per merito? No, per nascita. Gli ultimi scampoli del feudalesimo non furono spazzati via dalla Rivoluzione Francese, ma da una norma del codice civile napoleonico che sancì la divisione in parti uguali delle eredità tra i discendenti. La nascita diveniva così una condizione di partenza; il futuro veniva affidato al merito di ciascuno.
Quando i trovatori posero per primi la questione se fosse più nobile chi lo era per nascita o chi lo era per condotta, non posero forse una delle questioni fondanti della cultura europea, e cioè che il valore va dimostrato e non ereditato?
Tutte le forme di aristocrazia sono contrarie al merito. Tutte le forme di egemonia sono contrarie al merito.

Bisogna poi distinguere il merito dal diritto all’istruzione.
Garantire a tutti l’accesso alla cultura è un dovere dello Stato, in Italia. La Costituzione prevede espressamente che lo Stato rimuova gli ostacoli economici e sociali che precludono il raggiungimento di questo obiettivo. La scuola pubblica, in Italia, per legge, dovrebbe essere aperta, inclusiva e dotata degli strumenti necessari per colmare le disparità dei punti di partenza, sia che essi siano materiali, familiari e/o sociali.
Questa scuola non esiste.
Questo è il problema italiano (e non solo), non il merito.
La scuola che insegna colmando le differenze nell’accesso alla cultura dovrebbe essere il grande obiettivo della cultura solidaristica italiana. Ma non lo è.

Il fallimento della scuola nell’azzeramento delle differenze, non delle persone, ma dei contesti (famiglia, paese, gruppo sociale, risorse ecc…) ha portato non pochi del mondo cattolico a affermare che valutare gli esiti di una scuola che cristallizza le differenze sociali sarebbe sommamente ingiusto. È partita così la crociata contro la valutazione (i voti), accusata di essere lo strumento di una visione competitiva dell’esistenza e del progresso. Una scuola ingiusta, secondo questo ragionamento, dovrebbe fare una sola cosa giusta: promuovere a prescindere dal merito.

Il risultato di queste esasperazioni e semplificazioni è sotto gli occhi di tutti e si traduce in una generale crisi educativa, in un abbassamento sensibile dei livelli culturali medi, non solo dei giovani, nonché nella fortuna dei master, cioè dei corsi intensi e onerosi che garantiscono istruzione professionale in breve tempo, ma non cultura.

Non si rimedia a una crisi di questa portata negando il valore del merito.
Lo si fa, invece, lottando per restituire alla scuola il ruolo centrale che le spetta, ma anche accettando e difendendo quanto è giusto che chi risulti essere più capace, eserciti funzioni sociali e professionali adeguate alle sue capacità.
La differenza tra le persone esiste.
Papa Francesco ha sancito una differenza che né la destra né la Sinistra italiane intendono accettare, ma che è centrale per l’edificazione di una società giusta: «Mentre la solidarietàè il principio di pianificazione sociale che permette ai diseguali di diventare eguali, la fraternitàè quello che consente agli eguali di essere persone diverse». Il merito mette in evidenza la nostra diversità, ma la fraternità dovrebbe portarci a non divenire nemici perché diversi.

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