Accanto agli anziani e ai sofferenti
di Luca Mele

26 Novembre 2023

5' di lettura

Don Vincenzo Salis è nato a Oliena nel 1937 e tre mesi fa ha celebrato il suo giubileo sacerdotale. Di questi sessant’anni, più della metà sono stati dedicati alla cura degli anziani, spesso ammalati. Dal 1998 è il responsabile per la pastorale della terza età e sebbene sia trascorso un quarto di secolo, «dal momento in cui non sono state fatte nuove scelte» – come egli stesso afferma – mantiene forte la volontà di portare avanti il suo compito. Un ministero che esercita in maniera ufficiale come padre spirituale della Casa protetta in via Trieste a Nuoro, struttura residenziale per utenti over 65 che si trovano in condizione di non autosufficienza. «Il dono più bello che posso condividere con gli ospiti di questa famiglia è la Messa: per loro pregare e ascoltare un’evangelica parola di conforto è motivo di grande consolazione e speranza» dichiara mentre mostra le sue omelie stampate e archiviate, prediche pensate per gli anziani e non solo e che si caratterizzano per semplicità, brevità e un pizzico di umorismo, «perché sorridere, a una certa età, è un’ottima cura». Così pure, informalmente e su invito della direttrice di allora, ha potuto visitare abitualmente gli ospiti della Casa in via Aosta sempre nel capoluogo barbaricino. Ma il sacerdote olianese ha sempre avuto un’attenzione speciale per gli ammalati, espressa prima di tutto attraverso i sacramenti. Ricorda bene quando, prete novello, volle esaudire il desiderio di tre parrocchiane impossibilitate ad uscire che volevano ricevere quotidianamente l’Eucaristia: «Davanti a una richiesta così bella e a una testimonianza tanto preziosa anche per me, non ho avuto difficoltà a ritagliare quotidianamente il tempo per accontentarle; ma il mio parroco, accortosi di questo, me lo proibì, dato che il mio compito doveva essere quello di compilare i registri! Dovetti accettare di vivere questo servizio soltanto nei primi giovedì e venerdì del mese, come facevo con tutti, per assicurare rispettivamente la Confessione e la Comunione».

Idem nelle successive destinazioni dove il protagonista è sempre stato ancora viceparroco. Racconta anche delle possibilità offerte dalla benedizione delle famiglie, dove ha conosciuto nelle loro abitazioni anziani ammalati e con loro amava scherzare e fare battute: «Conobbi una donna alla quale proposi di esser annoverata tra coloro che ricevono l’Eucaristia a casa (e allora non c’erano ministri straordinari): la prima risposta è stata “No! La Comunione si dà a chi sta per morire…”; una volta convinta, mi rimproverava se per cause di forza maggiore ero costretto a rimandare la visita».

Ricorda ancora: «Dal camposcuola che ogni estate chiamava a raccolta i ragazzi, è nata l’idea di proporre un campeggio per gli anziani. Loro stessi, quasi invidiosi dei piccoli, volevano un’esperienza di gioia e allegria tutta per loro». La Casa cantoniera di Berchida, tra Siniscola e Orosei, che don Salis ha ottenuto in concessione mobilitando gli onorevoli della città eterna e per la quale si è rimboccato le maniche per sistemarla con sacrificio e spese, divenne l’oasi di serenità e amicizia pure per tanti “diversamente giovani”. Una scommessa iniziata agli inizi degli anni ’90 del secolo scorso: se le occasioni per i più piccoli rappresentavano una formula già ben collaudata in diocesi, questa iniziativa figurava di sicuro come una novità. Tra l’altro con un dettaglio particolarissimo: il servizio di trasporto – valido anche per altre destinazioni in giornate di svago e condivisione lungo l’anno – era garantito proprio dal parroco alla guida del suo pullman, acquistato per quest’opera con il conseguente dovere di ottenere la patente idonea: «Ogni tanto arrancava in salita, perché si trattava di un mezzo di seconda mano, ma solo il viaggio in sé era fonte di buonumore e vitalità». 

Don Salis cita gli antichi romani, i quali sostenevano che «l’anzianità è una malattia. Ma – precisa – pur contenendo in sé qualche verità, questa definizione non rispecchia il modo cristiano di concepire la nostra esistenza. La presenza di Dio in noi vivifica ogni età e l’anziano sente in modo particolare il suo amore paterno e misericordioso. Nella fase della vita in cui ci si avvia al tramonto, cessano le passioni che a volte hanno ottenebrato la mente e il cuore e svaniscono le preoccupazioni di questo mondo che distraevano dai veri beni. Si guardano la realtà con maggiore equilibrio, ci si dedica di più ai propri affetti, si è saggi. L’anzianità sono quindi gli anni della tranquillità, della sapienza, della religiosità più profonda».

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