
4 Dicembre 2021
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Cosa è la vita, chi sono io, c’è qualcosa che rende questa vita degna di essere vissuta? Domande taciute eppure vere, come la tigna che ognuno di noi ha seppure lo nega o magari la addita in altri. Quando il concetto di persona, di chi sono, dove vado e che voglio, viene sostituito da numeri, pretese e leggi, siamo al capolinea. La guerra non piace a nessuno mentre l’inganno sì. Si dice che la vita non è più tale quando debbo dipendere smisuratamente da qualcun altro. Ma, pensiamoci bene, siamo realisti, tutta la vita è dipendenza, strutturalmente dipendenza, sempre, ovunque, nelle sue intime fibre, in sas intragnas. Non abbiamo deciso noi quando nascere, dove nascere, da chi nascere, il volto che abbiamo, l’intelligenza, la statura. Per venire al mondo, per la nostra umana avventura, non abbiamo deciso niente. Non abbiamo scelto neanche il paese, la casa, e quindi neanche di vivere qui piuttosto che in un pezzo di mondo dove in troppi non hanno conosciuto un giorno di pace ed un pranzo o cena normali. Diamo tutto per scontato. Tutto ci è dovuto. Ma la vita non ha nulla di scontato, ci presenta sempre il suo conto. Per essere, continuare ad essere, quello che siamo dipendiamo dal nostro mangiare, dal bere, dal respirare, dal clima. Dipendiamo soprattutto dal desiderio vero di essere amati, di avere una carezza sempre, specie nei giorni più bui, quando il mondo sembra ci crolli addosso. La malattia di noialtri moderni è la solitudine, l’abbiamo mitizzata per poi scoprire che non ci sappiamo convivere, non la possiamo sopportare. Si può essere osannati e applauditi ma la “tristizia”, diceva San Benedetto, è non essere davvero amati, non trovare uno che di te abbia fiducia totale, da uomo ad uomo, senza riserva mentale, senza un panno invisibile e pur reale che nasconde lo sguardo. Perché dagli occhi si capisce prima ancora che dalle parole. Tutta l’esistenza è dipendenza, attesa di compimento. Il cammino di educazione alla sinodalità che stiamo intraprendendo ha questo presupposto. Non si tratta di metterci attorno ad un tavolo per decidere, scegliere insieme: cosa buona e giusta ma insufficiente ad evitare che questa dipendenza si trasformi in schiavitù. Nella vita si dipende inevitabilmente da qualcuno o qualcosa. Ciò da cui si dipende diventa il tuo idolo, ossia la scimmiottatura di Dio. Un padrone esigente che, qualunque esso sia (soldi, benessere fisico, droga, successo, carriera, lavoro ecc), chiede gli venga sacrificato tutto. E quando questo idolo si rivela per quello che è, ossia un’illusione, si chiede addirittura di morire, di lasciare questo mondo in cui si pensava di essere i dominatori. Specie in questo periodo di Avvento, tutti noi siamo invitati a scoprire chi sta dietro a questo dono che è ciascuno di noi. A scoprire il Tu che istante per istante fa me e te e ci chiede di camminare insieme. Senza questo Tu, incarnato e non astratto, la vita diviene, con le parole di Shakespeare, «una favola raccontata da un idiota, piena di rumore e di furore, che non significa nulla».