Tempo di un anno di bilanci col sindaco Andrea Soddu
di Francesco Mariani

5 Gennaio 2022

8' di lettura

Nel fare un bilancio di fine anno con il Sindaco Andrea Soddu era inevitabile iniziare con la pandemia. «L’anno scorso, in questo periodo, il Covid l’avevo anch’io e sono stato molto male. Rispetto ad oggi, il tasso di ospedalizzazione era molto superiore. Colgo l’occasione per fare un appello alla vaccinazione e alla prudenza nei comportamenti e nelle relazioni interpersonali perché proprio grazie a questa prudenza si possono contenere i contagi». Quanto a suo avviso l’epidemia ha influito sulla vita amministrativa e sociale? «Ha influito tantissimo. La comunità è da due anni che soffre molto dal punto di vista psicologico, nelle relazioni sociali, nella scuola, nei luoghi di lavoro. È stata limitata la socialità ossia la dimensione essenziale del vivere in comune. In più c’è stato un grosso problema economico: ricordiamo l’elenco lunghissimo di codici Ateco chiusi con ripercussioni enormi sulle famiglie. Durante il periodo del primo lockdown il Comune di Nuoro, insieme alla Caritas e altri organismi di volontariato, assisteva 2000 famiglie su un totale di 14000. Erano famiglie non in grado di fare la spesa, senza uno stipendio fisso, che vivono con delle sporadiche giornate lavorative. Hanno sofferto tanto. In più la vita amministrativa ha avuto un grande rallentamento in generale. Nel primo periodo del Covid i comuni o gli enti pubblici sono stati chiusi, in Smart Working. Una nuova dimensione lavorativa che non era frutto di una programmazione ma di una improvvisazione. Questo ha rallentato moltissimo i procedimenti amministrativi. Però c’è anche qualche aspetto positivo. Durante il periodo della pandemia la comunità si è rivelata solidale. È vero che abbiamo assistito 2000 famiglie però è anche vero che c’è stata una rincorsa ad aiutarsi e a darsi la mano e questo fa bene al cuore, fa sperare e ci rallegra. Nella pubblica amministrazione, vista la necessità di reagire alla crisi, c’è stata un’evoluzione rapidissima, anche della normativa. Tanto per intenderci, sino all’anno scorso non si poteva assumere mentre adesso le pubbliche amministrazioni stanno facendo una corsa alle assunzioni. Il comune di Nuoro tra il 2021 e il gennaio del 2022 sta assumendo 55 persone, non era mai capitato negli ultimi 30 anni. I concorsi sono stati più rapidi perché la normativa lo ha consentito, le procedure per le gare d’appalto sono diventate molto più semplici. Soprattutto adesso parte una stagione di investimenti con i bandi del PNRR che non si era mai vista se non nel dopoguerra col piano Marshall e con il piano di rinascita in Sardegna». Quali sono a questo proposito i progetti a cui la città di Nuoro mira? «Bisogna in questo momento fare chiarezza sugli obiettivi generali per poi chiarire la strategia della comunità di Nuoro, o meglio della comunità territoriale che sta intorno a Nuoro. Ci sono 17 obiettivi che orientano gli indirizzi generali di programmazione della Comunità delle Nazioni Unite, dell’Unione Europea, dell’Italia, della Regione Sardegna e dei comuni. Questa gamma di valori è un po’ quella della Laudato Si’ di Papa Francesco: combattere la povertà, le diseguaglianze sociali, investire per un mondo che sia il più possibile sostenibile dal punto di vista sociale, economico e ambientale. Questi obiettivi si declinano in una serie di progetti per il territorio che noi stiamo coltivando insieme alla rete di paesi, per adesso 11, che si sta allargando. I progetti che noi stiamomettendo in campo garantiscono il rispetto di livelli nel campo culturale, sociale, economico, industriale. Noi siamo indietro per mille cose, ad esempio per numero di laureati, per dispersione scolastica, per reddito. Vogliamo rientrare negli standard europei. I 17 obiettivi dell’agenda delle Nazioni Unite hanno degli indicatori (sono 112) che monitorano il percorso. Come li si raggiunge? Innanzitutto servono degli investimenti infrastrutturali. Quando parliamo di dispersione scolastica ci dobbiamo porre il problema anche sulle strutture scolastiche. Molte delle nostre scuole non sono adeguate a far sì che i ragazzi abbiano un’offerta formativa che li tenga a scuola attivi, per esempio anche nel pomeriggio». Quest’anno è stato segnato dal commissariamento di UniNuoro e della Satta. Siete rassegnati? «Chi fa politica, chi amministra non può mai essere rassegnato deve sempre essere fiducioso nel futuro. C’è stato un grave sgarbo istituzionale da parte della Regione nei confronti del comune di Nuoro. Così non è avvenuto neiconfronti del consorzio universitario di Oristano, di quello di Olbia, nei confronti di altri sistemi bibliotecari della Sardegna. È avvenuto solo nei confronti di Nuoro». Con l’appoggio di alcuni consiglieri regionali Nuoresi. «Nel 1933 è stata fondata dal Comune di Nuoro la biblioteca Sebastiano Satta, nel 1990 il consorzio per la promozione di studi universitari della Sardegna centrale. Erano gestiti da comune, provincia, e comunità montane. Ora arriva la Regione che scioglie questi enti e si prende il loro patrimonio per metterlo in una fondazione nella quale al sindaco spetta il posto in consiglio di amministrazione che naturalmente non serve a niente. Questo è avvenuto con una legge regionale anticostituzionale perché va contro qualsiasi principio dell’ordinamento giuridico italiano, va contro l’articolo 114 della Costituzione secondo il quale la Repubblica è costituita da comuni, province, città metropolitane, regioni e Stato che stanno tutti sullo stesso piano e nessuno può prevaricare sugli altri. Durante il mandato Pigliaru, era stata varata la legge 40 del 2018. Questa legge prevedeva la creazione di una fondazione composta da comune, provincia e Regione che insieme, in pari grado, promuovono la pubblica lettura nella Sardegna centrale. La Regione avrebbe messo un gettone (stabilito in cinquecentomila euro, quota sostitutiva delle comunità montane che la Regione stessa aveva sciolto), il comune e la Provincia avrebbero contribuito, così come hanno sempre fatto, con le proprie risorse. Stavamo facendo questo percorso, avevamo adottato le delibere, il notaio aveva fatto l’atto e spedito in Regione. Poi è arrivato il Covid e non abbiamo avuto nessuna risposta nonostante tutti i documenti fossero stati inviati. Infine è arrivata la doccia fredda. Adesso partirà la memoria al governo per sollecitare l’impugnazione di questa legge. Il consorzio per la promozione di studi universitari nella Sardegna centrale, siamo nel 1990, nasce da un accordo di programma tra Stato, Ministero per l’università, Regione, Assessorato alla cultura, Comune, Provincia e le due università sarde. Queste parti si rifanno ad un progetto risalente addirittura alla relazione parlamentare sulla povertà in Italia e in centro Sardegna degli anni 50. Essa diceva che bisognava investire in cultura e in sapere e bisognava farlo con le istituzioni locali. Questa relazione è la mamma della relazione Medici del 1969. Ecco, nel 1990, una classe politica illuminata fa un accordo di programma, viene creato il consorzio per la promozione di studi universitari tra comune e provincia. Un progetto collettivo sulle zone interne per rispondere a dei problemi veramente cogenti. Adesso qual è il progetto?» Possiamo fare un parallelo? La fondazione universitaria finirà per essere come l’Istituto regionale etnografico? «Peggio. L’Istituto regionale etnografico ha una sua dimensione regionale, una stabilità di risorse, un suo organico e oggi è commissariato, non c’è più neanche il commissario per intenderci. È in una situazione di completo abbandono da parte della giunta regionale. Dovrebbe avere un comitato tecnico- scientifico, un consiglio d’amministrazione e invece non c’è niente». Sul consorzio industriale di Prato Sardo quali sono i vostri progetti immediati? «L’intenzione del comune è stata manifestata da una delibera di giunta e in plurimi incontri con la Regione e con gli operatori locali. Secondo me e secondo noi è bene che il comune abbia la responsabilità di Prato Sardo perché è funzionale a tutti i progetti di sviluppo nel settore industriale, agroalimentare, della logistica. Addirittura nel progetto che stiamo facendo con tutti gli altri comuni, che si chiama “Mediare next generation you”, finanziato anche dal PNRR, è previsto che la centrale logistica della Barbagia sia a Prato Sardo. Quindi è chiaro che noi dobbiamo averne la giurisdizione. Però contemporaneamente noi non possiamo assumerci questa responsabilità se la Regione non sana completamente la situazione debitoria, abbastanza grave, e se non garantisce per i primi anni le spese di funzionamento. La zona industriale di Prato Sardo è ad interesse regionale ma negli ultimi 15 anni ha ricevuto investimenti regionali pari a zero. Noi vogliamo la responsabilità, però la vogliamo nell’ambito di un accordo di programma che garantisca risorse per i primi 5 anni. Stesso discorso vale per Sassari, Siniscola, Macomer, Tempio e altre città dove sono presenti Zir». © riproduzione riservata

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