La notizia della morte di don Muggianu mi ha raggiunto subito dopo la celebrazione della Messa domenicale con le monache di clausura di Dorgali. Uno scarno messaggio di una nipote (don Michè, forse lo sa già, Zio Pietro non ce l’ha fatta) e subito dopo il messaggio del Vescovo ai sacerdoti e diaconi. Non ho vergogna a dire che ho pianto, oltre che per la sua morte, per l’impossibilità della vicinanza e di un vero funerale nella sua amata Orgosolo. In questi giorni “ strani “ qui a Dorgali ho benedetto già cinque salme con sole 5/ 6 persone, in un caso con tre, presenti, persone a cui non potevo neanche stringere la mano. Per un sacerdote che ama la sua gente questo è struggente e doloroso, anche se vissuto nella fede. Per un sacerdote che ha dedicato la sua vita a celebrare con la gente e per la gente è tristissimo finire in un forno crematorio senza nessuno accanto, senza un saluto, senza … niente di umano, anche se rimane intatto il grande mistero della morte e della risurrezione… Ho pianto per questo!
Ho conosciuto don Muggianu quando il vescovo, essendo stato chiuso il seminario di Cuglieri, ci fece frequentare la prima liceo a Nuoro e ci affidò alla sua guida. Poneva in noi una fiducia enorme e faceva di tutto per responsabilizzarci.Ricordo un aneddoto che sempre mi fa sorridere: eravamo un po’ birichini e nel rientrare dal Liceo ci fermavamo un po’ di più nel Corso di Nuoro, respirando aria di libertà. Lui ci aspettava alla porta con la sua immancabile pipa e i primi due giorni bonariamente ci rimproverava: «Ragazzi, state bighellonando troppo, siate più puntuali». Il terzo giorno, perse tutte le speranze e ci disse: «Ragazzi, fate quello che volete… », con un tono sereno e ironico. Quando gli raccontavo questo rideva di gusto e diceva «Eravate davvero dei monellacci, ma poi in fondo siete diventati dei bravi preti»,
Don Muggianu era così. Intelligente, colto, ironico e libero, di quella libertà che possono nutrirsi solo le persone “alte” umanamente, spiritualmente e culturalmente. Amava profondamente il suo paese e a Orgosolo mi restò molto vicino sempre nel momento più tragico del dolore per me e la sua gente. Tante volte ripeteva me parroco con aria bonaria e gentilissima: «Michè, ti ringrazio per come ami il mio paese». Aveva un sogno “impossibile”: realizzare a Pratobello un centro di formazione agricola e pastorale per i giovani dei nostri paesi. Mi diceva «sarebbe bellissimo e solo tu puoi realizzarlo come fonnese amato dagli orgolesi» Era il sogno di vedere il suo mondo elevato culturalmente e umanamente, in un tempo difficile.
Grazie don Pietro per ciò che sei stato, per ciò che hai testimoniato: il tuo paese e tutta la diocesi e il mondo della scuola ti ha amato e ti amerà sempre, perché la tua vita è stata sempre un dono d’amore mai ostentato.
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