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Francesco Mariani
Nel ringraziare don Andrea Biancu per il suo prezioso viaggio tra le righe del Vangelo di Marco, accogliamo da questa settimana il commento di Federico Bandinu, giovane diacono della Diocesi che si prepara al sacerdozio. Don Federico ci accompagnerà in questo nuovo anno che è anche anno Giubilare. Da qui il titolo da lui scelto per la rubrica settimanale.
Con la prima domenica di Avvento ha inizio un nuovo anno liturgico. In quest’anno, in cui il Vangelo di Luca ci accompagnerà in modo deciso, cercheremo di stare, con la Chiesa, in ascolto della Buona Notizia del Vangelo. La pagina evangelica proposta in questa domenica, in pieno stile apocalittico, dallo squisito orizzonte escatologico, riporta l’attenzione sulla nostra esistenza; ricorda ad ognuno che siamo pellegrini, i quali abitano la soglia tra terra e cielo. Quasi a spegnere ogni poesia la parte iniziale del testo riporta: “angoscia”, “ansia”, “paura” e “sconvolgimenti”. Sarebbe naturale chiedersi, come può essere una buona notizia per me? Perché il Vangelo, per iniziare l’anno nuovo, mi propone questo e non un carico di entusiasmo che annebbi, non pensando alle difficoltà, cosicché magari, scaramanticamente, non ci si presentino in tutto l’anno? Perché il Vangelo è Sapienza! Non è una parola fumosa ma concreta. Il messaggio di Cristo è rivolto a noi, non un generico “noi” perso in un ideologico irrealismo, falso e inesistente. Il Vangelo parla al nostro mondo che spesso è angosciato per le calamità naturali, è in ansia per le malattie, è impaurito da tutto ciò che sconvolge la precomprensione dell’oggi e di ciò che succede. Ma ci viene annunciata una bella notizia: «La vostra liberazione è vicina».
L’Avvento è anzitutto un’attesa. L’attesa di un avvenimento, di un personaggio, di un appuntamento importante. L’incontro, a cui ci invita il Signore, è un incontro personale con chi oggi, forse, ha bisogno di sentirsi dire: “risollevati”, “alza il capo”. Se la speranza si è spenta dentro di noi e la stanchezza ha fatto breccia tra le corde della nostra vita, ci invita a ripartire, a rialzarci, a risorgere; perché c’è una liberazione, Cristo nostra Speranza ci viene incontro. La liberazione però non è una semplice suggestione, chiama in causa l’intera esistenza del cristiano. Presi per mano dalla Parola di questa domenica, riconosciamo le difficoltà che viviamo nella vita perché, con rinnovata speranza, possiamo attendere la liberazione promessa.
La seconda parte della pericope – il brano di questa domenica manca dei versetti della parabola del fico Lc 21,29-33 – invita ciascuno all’attenzione perché non passi quest’incontro salvifico e si perda l’occasione dell’incontro con Lui. Nella conclusione, esortati a vigilare, guardiamo il nostro cuore perché fugga la tentazione sprecare, con entusiasmi infondati e preoccupazioni effimere, la cosa più preziosa che ha in sé: il desiderio di fare avvento, il desiderio di aspettare l’incontro con Cristo che viene.
La Chiesa, nella sua sapienza, propone di iniziare l’anno con la preparazione all’incontro con Dio che, mandando suo Figlio, si rivela nel mondo e ci salva. Prendendo sul serio questo momento cogliamo l’invito alla vigilanza e alla preghiera perché venga rinvigorita la forza della speranza che sorregge la barca della nostra vita che, pellegrina in balia delle onde, rischia di perdere la rotta e la meta del cammino. Il pellegrino non dev’essere come un viandante, il quale non conosce la meta del suo viaggio, ma sicuro della destinazione cammina lungo i sentieri della vita, con la speranza-certezza che non sta faticando a vuoto.
Quest’anno cercheremo attraverso la meditazione dalla Parola, insieme alla Chiesa, di riscoprirci “Pellegrini di Speranza”, avendo chiara la meta del nostro incedere: «comparire davanti al Figlio dell’uomo», permettendo che ci tocchi e trasformi la vita.