Un amore che non accetta ambiguità
Commento al vangelo di domenica 18 settembre 2022 - XXV Domenica del Tempo ordinario - Anno C
di Michele Casula
5' di lettura
18 Settembre 2022

Una Parola difficile e attualissima viene proposta oggi dalla liturgia, da ascoltare e meditare con umiltà e verità, perché la Parola di Dio non fa sconti, non accetta nessuna ambiguità, specie nell’uso dei beni. La comprensione di essa è sintetizzata nella Colletta: «O Padre, difensore dei poveri e dei deboli, che ci chiami ad amarti e servirti con lealtà, abbi pietà della nostra condizione umana, salvaci dalla cupidigia delle ricchezze e aiutaci a ricercare l’inestimabile tesoro della tua amicizia».

Parole forti che esprimono un severo giudizio sul nostro essere cristiani nella società: Dio è difensore dei poveri, chiede un amore leale, condanna la cupidigia della ricchezza. Partiamo da una domanda: qual’è il mio atteggiamento verso le ricchezze? Sono diventate il mio padrone? La parola di Dio ci invita a riflettere sulle nostre responsabilità umane e sociali. Amos, un semplice contadino che è stato scelto da Dio come profeta, ha il coraggio e la forza di condannare il comportamento di coloro che calpestano il povero e gli umili. Persone pronte a trasgredire ogni norma pur di accrescere il loro benessere materiale, pronte a truccare i bilanci e a mettere in atto comportamenti disonesti e scandalosi, pur di conquistare un po’ di potere. Il Signore lo giura: «Certo, non dimenticherò mai tutte le loro opere».

È spesso presente anche oggi l’idea che la dimensione civile della nostra vita non cada sotto il giudizio di Dio, ma sia avulsa da ogni valore morale e etico. Questa mentalità corrotta è talmente diffusa, anche oggi, che Paolo, scrivendo a Timoteo, gli ricorda di elevare suppliche e preghiere per tutti gli uomini, per tutti quelli che stanno al potere, perché possano condurre una vita calma e non guerrafondaia, dignitosa e non volgarmente interessata, dedicata ai valori e non al proprio benessere. Questa è cosa gradita a Dio.

Anche oggi ci troviamo immersi in una società civile nella quale chi detiene il potere ci stordisce, ci condiziona con ragionamenti falsi, ci seduce con promesse mai attuate. Se da un lato occorre la preghiera che li illumini, dall’altro lato ci chiede una responsabilità alla quale non dobbiamo mai abdicare. La verità, l’onestà, non si misura con le maggioranze; si misura con la rettitudine e l’onestà delle scelte; si misura col servizio autentico al bene comune. Gesù racconta una parabola a dir poco problematica. Un amministratore disonesto è scoperto dal suo padrone, cade in disgrazia ma, purtroppo per lui, non sa fare altro e non vuole cadere in miseria. Sa solo essere disonesto. Per sopravvivere fa truccare, ai debitori del padrone, le ricevute, tutte al ribasso, per avere lui la tangente. Ci aspetteremo da Gesù una denuncia indignata e invece ci dice una cosa completamente diversa: «I figli di questo mondo verso i loro pari sono più scaltri dei figli della luce» . Chi difende i propri interessi è molto più creativo, intraprendente, convinto di coloro che devono difendere i valori che Dio ci propone. Il rischio è quello di allinearci alla mentalità corrente, fino a diventare insensibili davanti alla nostra mediocrità, fino a giustificarla con la difficoltà dei tempi, con la durezza di cuore delle persone. Gesù ci chiede di scavare nel nostro cuore per togliere da esso tutti i doni che lui ha deposto perché li usiamo a vantaggio degli altri. Chi annuncia il Vangelo, chi serve i poveri, chi educa i piccoli e i giovani, non può essere stanco, demotivato, inefficace. Nel dono di sé stesso è chiamato a mettere tutta la sua originalità, la sua creatività e, direbbe Gesù, anche la sua furbizia. Il Vangelo merita il meglio di noi stessi, i fratelli meritano il meglio delle nostre energie e della nostra donazione. Tirarsi indietro e lasciarsi omologare da una mentalità comoda, non appartiene ai discepoli di Gesù. Per questo Gesù incalza: «Chi è fedele in cose di poco conto, è fedele anche in cose importanti; e chi è disonesto in cose di poco conto, è disonesto anche in cose importanti ». Se ci accorgiamo che questa è la nostra situazione rischiamo di non essere affidabili agli occhi di Dio.

Per questo Gesù conclude invitandoci alla radicalità: «Nessun servitore può servire due padroni, perché o odierà uno e amerà l’altro, oppure si affezionerà all’uno e disprezzerà l’altro. Non potete servire Dio e la ricchezza». Solo se tutti noi iniziamo ad intraprendere una via corretta su ciò che riguarda i beni materiali, potremo vivere una vera santità quotidiana, perché la santità è questione del cuore. Vale la pena di ricordare, di nuovo, le parole di Gesù: «Là dove è il tuo tesoro, là è il tuo cuore». Dobbiamo davvero interrogarci su ciò che conta prima di ogni altra cosa nella nostra vita. A seconda della risposta possiamo iniziare ogni percorso umano ed ecclesiale, scoprendoci fedeli a Dio e fedeli all’uomo.

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