Nella Trinità la “chiave” per interpretare l’esistenza
Commento al Vangelo di domenica 12 giugno 2022 - Santissima Trinità - Anno C
di Michele Casula
Trinità, Santuario di Vallepietra
5' di lettura
11 Giugno 2022

Il dono dello Spirito Santo ha concluso il tempo liturgico della Pasqua.
Prima di riprendere il tempo “ordinario”, la liturgia ci invita a meditare e pregare su due aspetti centrali del mistero cristiano: la Santissima Trinità e l’Eucarestia (Corpus Domini), che Gesù ci ha consegnato e fatto conoscere. È una storia concreta quella di cui ci parla la Bibbia: storia di un popolo, di persone vissute nel tempo e nello spazio, che hanno scoperto nella loro vita la presenza di Dio. Questa scoperta non è stata frutto di ricerche filosofiche, ma è avvenuta quando l’umanità è stata strappata dalla morte e ha ricevuto in modo del tutto gratuito una nuova possibilità di vita. È la storia del popolo di Israele, che sfocia nella vita di Gesù. Questa storia ogni anno noi cristiani la riviviamo: essa non appartiene al passato ma è la fonte della nostra sempre nuova vita, illuminata dalla fede. Giunti per così dire al “termine” del racconto di Gesù (dalla sua nascita alla risurrezione, fino al dono dello Spirito Santo), siamo invitati a fare una pausa di contemplazione e percepire che quel Dio che è intervenuto in questa storia ha un volto, ha un “nome”, che non è unico: è Padre (con il quale Gesù sempre parlava e di cui ha parlato ai discepoli), è Figlio (come la voce dal cielo chiama Gesù più volte nel Vangelo) ed è Spirito Santo (che Gesù promette come dono suo e del Padre dopo il ritorno al Padre).

In nessuna pagina della Bibbia troviamo la spiegazione teorica della Trinità, ma in tutta la storia della salvezza possiamo percepire l’azione di Dio come Padre, Figlio e Spirito. Lo scrittore sacro ha compreso molto bene che a Dio non interessa spiegare chi è, ma invitare l’umanità ad accogliere la sua proposta di alleanza, di amore. Lo vediamo nelle parole che Gesù nel Vangelo di questa domenica rivolge ai discepoli durante l’ultima cena: sente il desiderio di dire ancora molte cose ai discepoli, cioè di approfondire la comunione con loro. Ma sente che non è possibile, che hanno bisogno di tempo per scoprire il significato di ciò che Egli ha insegnato loro con la vita e le parole.
Questa missione Gesù la affida allo Spirito Santo: Egli guiderà i discepoli alla verità intera, annuncerà di nuovo, lungo la storia, il dono che Gesù ha portato sulla terra. Gesù sa che questo dono, tutto quello che lui porta ai suoi, gli viene dal Padre.
La comunione profonda tra Gesù, Dio Padre e lo Spirito è quella “verità” dentro la quale lo Spirito porta il credente. Non è prima di tutto qualcosa da “sapere”, ma una esperienza da vivere, da scoprire nella pazienza e nella costanza della vita di fede. Chi più di ogni altro ha meditato e parlato di questa “esperienza” dello Spirito Santo è San Paolo: lo ricorda nella seconda lettura.

Paolo usa una immagine ben concreta: l’amore di Dio «è stato riversato» nei nostri cuori. L’amore di Dio è lo Spirito Santo, colui che unisce il Figlio al Padre e che mediante Gesù il Padre infonde nella profonda intimità di ogni persona. Questo dono immenso e inimmaginabile è il fondamento sul quale si poggia tutta la vita cristiana, è la grazia fondamentale che cambia radicalmente la nostra vita e ci apre la strada per vivere come Gesù, per vivere nella stessa comunione di amore che unisce Gesù al Padre ed allo Spirito: i cristiani, contemplando questo mistero di amore che sta al cuore di Dio, ne hanno letto i segni premonitori anche nell’Antico Testamento. Un esempio lo abbiamo nel libro dei Proverbi che ascoltiamo nella prima lettura, nella quale la Sapienza si presenta come colei che, generata da Dio, sta accanto a Lui mentre crea il mondo e lo diletta con la sua presenza.
Questo testo mostra che Dio non era solo al momento della creazione: la sapienza nella tradizione cristiana è stata interpretata come la presenza del Figlio, ad immagine del quale è stato creato il mondo. La Trinità di Dio ci rivela che in Lui c’è relazione, desiderio di fare alleanza, amore.

La storia della salvezza è tutta un invito a rispondere a questa alleanza. Con il segno della croce, che facciamo all’inizio e fine di ogni giornata e di ogni momento di preghiera, noi pronunciamo il nome di Dio Trinità. Riconosciamo così che tutta la nostra vita è segnata da Dio e rinnoviamo il desiderio di rispondere alla sua alleanza. Tutta la nostra esistenza è sacra, perché segnata dalla presenza di Dio Padre che ci ha creati, di Gesù Figlio che ci ha redenti, dello Spirito che ci anima e ci unisce. E su questa esperienza siamo chiamati a modellare la nostra vita. Anche noi non siamo una massa di “io” tra loro separati, ma un “noi”, una comunione di persone.

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