Per una breve storia della valutazione scolastica
di Bachisio Porru

30 Maggio 2023

4' di lettura

Il periodico dibattito sulla scuola con o senza voti acquista quest’anno scolastico una rinnovata attenzione alla luce della rinominazione del Ministero che, per volere del nuovo Governo, diventa dell’Istruzione e del Merito. Oltre la contingenza è bene ricordare lo stato dell’arte. Per la prima volta i voti furono aboliti nella scuola, allora elementare e media, nel 1977 con i Decreti delegati. Si adottò così una valutazione per giudizi e sino al 2008, quando, col ministro Gelmini, la valutazione numerica venne reintrodotta sia nella primaria che nella secondaria di primo grado. Su pressione della scuola stessa e degli studiosi di pedagogia, nell’anno scolastico 2020/’21, in piena pandemia, vengono nuovamente aboliti i voti nella scuola primaria e ripristinati i giudizi: avanzato, intermedio, base, in via di acquisizione, con l’argomento che il voto, specie per i bambini, sia anaffettivo e tenda a giudicare la persona più che la prestazione. 

Si è discusso del cambiamento tra famiglie e personale della scuola primaria senza che ciò interessasse più di tanto l’opinione pubblica. Ne abbiamo dato conto in queste pagine a suo tempo. Il voto, oggi, viene regolarmente utilizzato nella ex scuola media e negli Istituti superiori. Ha destato un certo dibattito il superamento del voto in alcune scuole secondarie. Alla fine dello scorso anno si aveva notizia di una sola scuola, il Liceo Morgagni di Roma, che provava a sterilizzare il voto. Ma a ben vedere di rivoluzionario c’è ben poco. La sperimentazione è partita in una sola classe sette anni fa, sino a coinvolgere un’intera sezione. Per quel che se ne sa, il percorso è pressoché normale. Azione didattica, verifiche con interrogazioni e compiti in classe che non vengono valutati numericamente ma soppesati nel confronto di autovalutazione e di valutazione comparativa tra il docente e il resto della classe. Regolarmente il voto ri-compare sia alla fine del quadrimestre che alla fine dell’anno scolastico. Né potrebbe essere altrimenti poiché la legislazione nazionale è omogenea e cogente per tutte le scuole italiane. 

La sperimentazione, denominata Scuola delle relazioni e delle responsabilità è seguita con attenzione dal dipartimento di Pedagogia dell’Università La Sapienza che studia gli effetti di questa scuola senza voti. Sette anni sono sufficienti per aver qualche indicazione al riguardo. Secondo gli osservatori i risultati rilevati dall’Invalsi sarebbero in linea con quelli delle altre classi ma gli studenti che prendono parte a tale sperimentazione avrebbero più autonomia e più capacità di lavorare in gruppo. Recentemente si è avuto notizia di qualche altra sperimentazione. All’Iis Sassetti-Peruzzi di Scandicci avrebbero intrapreso un simile esperimento due classi prime. Il dirigente scolastico parla di apprendimento interdisciplinare e valutazione formativa. Secondo una recente inchiesta giornalistica si sarebbero aggiunte a queste altre scuole: un liceo di Milano, uno di Bologna e altrettanti di Palermo, Pesaro e Mestre. Ci sarebbe quasi da dire: Tanto tuonò che piovve. 

Non vi è alcuna possibilità che queste poche scuole possano in alcun modo incidere sulle modalità della valutazione della scuola superiore di oggi in assenza di un robusto intervento riformatore. Evidente il tentativo giornalistico, neppure politico, visto che i partiti sono da tempo in tutt’altre faccende affaccendati, di riattualizzare il dibattito della scuola dell’inclusione versus scuola del merito. Anche di questo ha parlato questo giornale. Il voto presuppone una valutazione per conoscenze. Il giudizio quella per abilità e competenze. Ma per questa seconda scelta è necessaria una diversa didattica, una diversa formazione del personale docente e quindi una diversa impostazione della scuola stessa. L’eterna Scilla e Cariddi tra cui ondeggia da sempre il nostro sistema educativo. Non sarà un caso se quest’anno celebriamo due centenari di diverso segno. Quello dei cento anni della Riforma Gentile, paradigmatica della scuola di classe e quello dei cento anni della nascita del profeta dell’inclusione, don Lorenzo Milani. Tra Scilla e Cariddi appunto.

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