Il particolare assolutizzato alla fine intossica
di Francesco Mariani

26 Novembre 2024

3' di lettura

Mi convinco sempre più che dietro la crisi politica, economica, sociale nella quale navighiamo vi sia quella della cultura. La madre di tutte le crisi è il flop illuministico, ossia della matrice del pensiero moderno e post-moderno. Lo si potrebbe riassumere così: viene assolutizzato il particolare e ignorata la totalità del reale. È come rappresentare la vita con tanti quadrettini tra loro incomunicanti. Quando si assolutizza il particolare è impossibile dialogare o lavorare insieme ad altri che hanno altri particolari come unico orizzonte.

Facciamo degli esempi terra terra. All’animalista convinto importa poco o nulla del pericolo o dei danni che derivano da diverse specie animali difficilmente compatibili con l’uomo e le sue attività. Si arriva al punto da considerare gli uomini come degli intrusi in un paradiso di animali. Fino a qualche decennio fa c’era l’allarme per la crescita del numero degli abitanti della terra, con proiezioni catastrofiche. Si inneggiava alla decrescita felice. Oggi si inizia a prendere coscienza che il generale calo demografico ha ben poco di felice.

Altro esempio. L’ecologismo assoluto porta a gravi danni ambientali. Se non si possono liberare i letti dei fiumi da tronchi, ramaglie, canne e quant’altro; se non si possono bonificare gli argini perché ci sono di mezzo le gallinelle; se non si possono realizzare bacini di laminazione perché provocherebbero impatti naturalistici; è ovvio che al primo temporale segua un allagamento. 

I fanatici della transizione “ecologico-energetica”, imposta dall’alto, dai poteri fortissimi, si scontrano con altrettanti fanatici degli scenari naturalistici. Ad entrambi sfugge il quesito di fondo, ossia qual è il vantaggio che ne deriverebbe per la popolazione. Senza questo riscontro si attuerebbe una novella colonizzazione seppure ammantata di ecologismo oppure un pauperismo per diritto.

Tralasciamo la politica che è il regno dei particolari tra loro conflittuali. Tutti dicono di candidarsi per spirito di servizio e per realizzare il bene comune. Il bene, in realtà, è il proprio tornaconto personale, è la declinazione del potere, ossia di far fare agli altri ciò che voglio io. Un potere che stride con la libertà ma comunque ammaliante e presuntamente democratico. Nella dialettica politica c’è uno schema collaudato: si prende un caso, una parola, un gesto, lo si assolutizza, si va all’attacco come se non esistesse null’altro, giornali e telegiornali ne fanno argomento unico. E si scende in piazza. Il fanatico non può attingere al vero, si comporta come un fan della curva Sud. 

Assolutizzare il particolare è l’esatto opposto della cultura cristiana. Essa è ben riassunta nell’esortazione di San Paolo: «Vagliate tutto e trattenete il valore». E questo dentro un’altra esortazione: «Non conformatevi alla mentalità di questo mondo». Del mondo di allora e di oggi. Davvero liberi nel confronto con tutti, appassionati del vero e del reale, aperti al mistero, cercatori di infinito. Ed è questo che sta mancando, purtroppo, anche nelle nostre comunità cristiane. 

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