26 Novembre 2024
3' di lettura
Mi convinco sempre più che dietro la crisi politica, economica, sociale nella quale navighiamo vi sia quella della cultura. La madre di tutte le crisi è il flop illuministico, ossia della matrice del pensiero moderno e post-moderno. Lo si potrebbe riassumere così: viene assolutizzato il particolare e ignorata la totalità del reale. È come rappresentare la vita con tanti quadrettini tra loro incomunicanti. Quando si assolutizza il particolare è impossibile dialogare o lavorare insieme ad altri che hanno altri particolari come unico orizzonte.
Facciamo degli esempi terra terra. All’animalista convinto importa poco o nulla del pericolo o dei danni che derivano da diverse specie animali difficilmente compatibili con l’uomo e le sue attività. Si arriva al punto da considerare gli uomini come degli intrusi in un paradiso di animali. Fino a qualche decennio fa c’era l’allarme per la crescita del numero degli abitanti della terra, con proiezioni catastrofiche. Si inneggiava alla decrescita felice. Oggi si inizia a prendere coscienza che il generale calo demografico ha ben poco di felice.
Altro esempio. L’ecologismo assoluto porta a gravi danni ambientali. Se non si possono liberare i letti dei fiumi da tronchi, ramaglie, canne e quant’altro; se non si possono bonificare gli argini perché ci sono di mezzo le gallinelle; se non si possono realizzare bacini di laminazione perché provocherebbero impatti naturalistici; è ovvio che al primo temporale segua un allagamento.
I fanatici della transizione “ecologico-energetica”, imposta dall’alto, dai poteri fortissimi, si scontrano con altrettanti fanatici degli scenari naturalistici. Ad entrambi sfugge il quesito di fondo, ossia qual è il vantaggio che ne deriverebbe per la popolazione. Senza questo riscontro si attuerebbe una novella colonizzazione seppure ammantata di ecologismo oppure un pauperismo per diritto.
Tralasciamo la politica che è il regno dei particolari tra loro conflittuali. Tutti dicono di candidarsi per spirito di servizio e per realizzare il bene comune. Il bene, in realtà, è il proprio tornaconto personale, è la declinazione del potere, ossia di far fare agli altri ciò che voglio io. Un potere che stride con la libertà ma comunque ammaliante e presuntamente democratico. Nella dialettica politica c’è uno schema collaudato: si prende un caso, una parola, un gesto, lo si assolutizza, si va all’attacco come se non esistesse null’altro, giornali e telegiornali ne fanno argomento unico. E si scende in piazza. Il fanatico non può attingere al vero, si comporta come un fan della curva Sud.
Assolutizzare il particolare è l’esatto opposto della cultura cristiana. Essa è ben riassunta nell’esortazione di San Paolo: «Vagliate tutto e trattenete il valore». E questo dentro un’altra esortazione: «Non conformatevi alla mentalità di questo mondo». Del mondo di allora e di oggi. Davvero liberi nel confronto con tutti, appassionati del vero e del reale, aperti al mistero, cercatori di infinito. Ed è questo che sta mancando, purtroppo, anche nelle nostre comunità cristiane.