I poveri di oggi sono i bambini
di Francesco Mariani

18 Dicembre 2022

4' di lettura

I veri poveri, oggi, sono i bambini. Sì proprio loro sui quali si accentrano spot pubblicitari ed articoli giornalistici spesso ipocritamente lacrimevoli. Sono loro ad essere privati di un amore materno e paterno, ossia dell’essenziale, che vale molto più del pane e del latte. Sono loro ad essere ridotti a palline di ping pong nei bisticci tra i loro genitori. Baratto di interessi e di rancori dentro i quali non capiscono le coordinate elementari della vita. Se non si è veramente amati da piccoli non si potrà amare davvero da grandi.

Un giorno mi chiamarono dall’ospedale San Francesco dicendomi di avere un ragazzo ricoverato che diceva di chiamarsi Francesco Mariani ed essere mio figlio. «Improbabile che abbia un figlio e che porti il mio nome – risposi – comunque vengo a vedere di chi si tratta». Questo ragazzo era nato da un padre che mai l’aveva visto. La madre, consapevole o incosciente, aveva pensato bene di avere una bambina da un altro avventuriero ed aveva abdicato alla materna potestà di lui che venne dato in affido consensuale ad uno zio. Lo zio ben presto perse la pazienza, per cui si procedette ad un altro “affido”, anche stavolta consensuale ed al di fuori delle procedure previste dai servizi sociali preposti. La mamma, ovviamente per amore, nel frattempo aveva avuto un altro figlio da un altrettanto avventuriero di lenzuola. Per il ragazzo in questione, cioè il primo, si ricorse ad un altro affido più o meno consensuale, ossia per la terza volta. La mamma aveva comunque altre preoccupazioni per cui diede alla luce il quarto figlio da un altro padre noto solo a lei e privo di coscienza come i precedenti (quei padri hanno tutti una colpevole responsabilità).  Non sto raccontando favole ma fatti.
Il bambino, ormai diventato ragazzo, venne affidato ad una Casa Minori, di cui ero e sono presidente. Vi rimase tre anni. «Lascia perdere – dissi andato all’ospedale – ti capisco. Sono l’unico simil-padre stabile che hai avuto per tre anni».  E lui rispose: «Scusami». La maternità è biologica, la paternità è sociologica, la si conquista, non è scontata. Quando mancano entrambe è un disastro.

Quello che racconto è un caso estremo. Ma tanti, troppi, sono i casi di bambini senza le coordinate essenziali dell’esistere. Senza che possano dire con gioia “babbo” e “mamma”, senza averne goduto carezze, abbracci e baci. Li riempiamo di regali (io li chiamerei mazzette) per conquistare la loro “amicizia”, neanche “figliolanza”. Però sono privi del necessario. Soddisfiamo i loro bisogni ma soffochiamo i loro desideri.
La crisi delle famiglie genera nuovi poveri. Una povertà che non è prima di tutto materiale ma esistenziale. Ad un bambino puoi dare tutti i giochi del mondo ma senza l’amore materno e paterno lo stai destinando a vivere da squilibrato. Ne hai poi voglia di fargli da sindacalista dinanzi alla scuola, a tutto e a tutti. E’ pretendere dagli altri quello che tu non hai dato. E’ il modo fittizio di tacitare la coscienza che ti richiama alle tue responsabilità.
I bambini sono il tesoro di una società. Molto più di Bankitalia. Ed è un tesoro immenso quello che stiamo per celebrare: l’Eterno, l’Onnipotente, l’Infinito che viene ad abitare nell’istante, nel frammento. Il Natale ci richiami all’attenzione del primo Bambino povero (materialmente) tra i poveri e ci educhi a non creare altre povertà esistenziali nell’oggi e per il domani. 

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