
23 Aprile 2020
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«Qui è un porto di mare dove arrivano tante persone, soprattutto quello che ci commuove è che incontriamo persone che fino ad oggi non avevamo mai visto, famiglie con bambini che da un giorno all’altro si sono trovate senza reddito e che hanno l’urgenza di chiedere il necessario per vivere. Questo ci crea grande dolore e sofferenza ma vediamo anche la bella esperienza della testimonianza della solidarietà in tantissime persone che chiamano, che si fanno vicine dando la loro disponibilità a una collaborazione fattiva e a contributi economici per condividere con chi non ha il necessario o ha meno di loro, si sta attivando una bella solidarietà in questo momento così difficile e così doloroso per tutti». Il porto di mare è la Caritas diocesana, così la descrive la direttrice suor Pierina Careddu in questo tempo segnato dall’emergenza Covid-19, un mare certo battuto dai venti e allo stesso tempo un porto, un approdo rischiarato dalla luce di quel faro che è la carità evangelica, la solidarietà, l’attenzione al prossimo. Specie ora che il prossimo nel bisogno è oggi qualcuno che mai si sarebbe rivolto alla Caritas. Così lo racconta don Roberto Dessolis, il sacerdote che affianca suor Pierina nella sede nuorese: «Nuove figure sono persone che hanno perso il lavoro, in modo particolare badanti che si ritrovano a non seguire più i loro anziani. Dovendo stare in casa, molte famiglie evitano di pagare un badante: se da un lato, anche spiritualmente, è positivo che un figlio si prenda cura del padre, dall’altro è triste che donne e uomini si siano ritrovati in strada da un giorno all’altro. Si sono presentati a noi chiedendo non solo un posto dove andare a dormire – racconta don Roberto – ma anche una parola di conforto perché si trovano a non riuscire a tornare nel loro paese d’origine, penso ai romeni che faticano a prendere un aereo e tornare dai loro familiari ». C’è poi la presenza di tanti extracomunitari arrivati per la stagione estiva «che si ritrovano adesso ammassati in appartamenti senza un euro in tasca – prosegue don Roberto –, senza una bombola, senza potersi scaldare, senza poter cucinare qualcosa. In questo senso per noi il lavoro è aumentato tantissimo». A questo si aggiunge «la disperazione di molte persone che ci chiamano perché non sanno se avranno il Reddito di cittadinanza, anziani confusi che non sanno cosa accadrà ogni volta che vedono il presidente del Consiglio in tv».Ma si lavora anche con le famiglie, quelle che hanno i bambini a casa – specie bambini con problemi comportamentali o autistici – e c’è poi chi chiede un aiuto per i compiti, sebbene gli insegnanti si adoperino con videolezioni e messaggi. «Abbiamo individuato – spiega don Roberto – degli insegnanti che stanno dando una mano nello studio a ragazzi un po’ disagiati, perché i genitori non riescono a seguirli, o non sono italiani, o non sanno usare il computer per poter vedere i compiti. Abbiamo avuto richieste e trovato dei volontari». In tempi di quarantena si è poi presentato un problema nuovo, l’esigenza da parte delle famiglie che non risiedono a Nuoro di accudire i propri cari ricoverati in ospedale. «Anche questa è una nuova povertà – sottolinea don Roberto – non si era mai fatto, si tratta anche solo di portare un cambio pulito a un ammalato, ci chiamano anche per questo». Pure la solitudine è una povertà, ma non si pensi solo a quella degli anziani, «sono tante le persone che hanno disagi di vario genere – spiega suor Pierina –, giovani che costretti a stare da soli a casa con un’angoscia che sale chiedono compagnia anche telefonica». Sin qui il quadro delle nuove situazioni che la Caritas diocesana si è trovata a dover affrontare. Non si è naturalmente fermata l’attività ordinaria, trasformata però – questo sì – in base alle disposizioni delle autorità e allenuove esigenze. Anche per questo è una bellaimpresa riuscire a ritagliare del tempo per questa conversazione, dall’altra parte del filo c’è qualcuno che all’apparire preferisce il fare, nel silenzio, senza proclami, a maggior gloria di Dio. Il centro di ascolto è per lo più telefonico, la Mensa pur chiusa al pubblico continua a fornire il suo servizio, i pasti sono infatti consegnati a domicilio grazie a volontari che si sono resi disponibili. L’attività va avanti dal lunedì al sabato, sia per pranzo che per cena, il sabato viene consegnata una doppia porzione. Per chi non ha una casa è lo Spirito a consigliare ai volontari nuove e diverse modalità di rendersiprossimi a chi ha bisogno di consumare un pasto caldo. L’attività della Caritas non è isolata – sottolineano i responsabili – «ci muoviamo coordinati con le istituzioni, i Servizi sociali e con le altre associazioni sia in città che nei paesi. Quello che ci rincuora – afferma suor Pierina – è il fatto che sia nelle parrocchie che in città c’è una rete di collaborazione tra tutti, notiamo una sintonia, un lavoro sinergico, c’è una rete che opera». Don Roberto non dimentica anzi mette al primo posto il ruolo della Chiesa, «subito pronta con la Cei a erogare dei contributi sin dall’inizio dell’emergenza, questo è importante e dovremmo andarne fieri» (la Cei ha già destinato 6 milioni agli ospedali e altri 10 alle 220 Caritas diocesane ndr). L’esperienza è forte anche dal punto di vista spirituale, «ci stiamo sentendo davvero Chiesa con il Papa, i Vescovi che ci stimolano anche nella preghiera con indicazioni ben precise, compreso il nostro che non manca di esserci vicino e sostenerci in quest’opera di aiuto verso tutti i fratelli». Ognuno ha le sue povertà – aggiunge suor Pierina –, è importante che cia- scuno sia un dono per l’altro con la certezza che siamo figli di Dio, di un unico Padre che ci mantiene nella serenità, nella speranza. Non abbiamo nulla da temere se siamo con il Signore». Don Roberto aggiunge una ulteriore riflessione: «Abbiamo vissuto negli anni scorsi – dice – il tempo della misericordia, la Chiesa ci ha chiesto in tutti i modi di fermarci, di alzare lo sguardo verso il cielo, di riconoscere un Dio misericordioso, questo invece è un tempo di purificazione, nel quale veniamo spogliati di tante nostre certezze e torniamo all’essenziale. Sicuramente abbiamo l’occasione per desiderare di tornare ad essere persone diverse, persone nuove». All’inizio del tempo di Quaresima la Caritas diocesana aveva proposto un percorso comunitario – illustrato nel dettaglio sul sito web della diocesi da cui tra l’altro è ancora possibile accedere alla cappella virtuale per proporre le proprie intenzioni di preghiera – incentrato sul tema della fraternità e chiediamo alla direttrice se questo percorso non si sia compiuto ancora più profondamente, nonostante tutto: «Sicuramente – risponde –, a partire dal fatto di tornare alla Parola; è questo il momento opportuno di fare esperienza di questa appartenenza a Dio e di tornare all’essenziale, al Signore, per vivere intimità con Lui, renderci conto che da soli poca cosa siamo e tornare ai fratelli per vivere davvero la fraternità». © riproduzione riservata