Il gran pasticciaccio sardo delle nomine dei direttori
di Sergio Nuvoli
22 Maggio 2022

In politica, quando a dirti che hai sbagliato mossa non sono i tuoi avversari, ma la macchina amministrativa, vuol dire che qualcosa non va. E che l’hai fatta grossa. E spesso conviene dare retta, e correre ai ripari.

Succede in Sardegna, dove c’è qualcosa di allergico ai rimpasti e alle nomine a tempo: è la sanità. Se n’è accorto Christian Solinas – e non solo lui – quando Francesca Piras, direttrice generale dell’assessorato guidato dal leghista Mario Nieddu, ha messo nero su bianco perplessità equivalenti a una bomba. In estrema sintesi, nella nota inviata il 19 aprile si legge che non possono essere “attribuite le funzioni temporanee di direttore sanitario e amministrativo”, ovvero le due figure che accompagnano i direttori generali nella gestione della “nuova” articolazione della sanità sarda. Sia chiaro: i direttori generali – nella burocrazia regionale – sono quelli che pagano. Se c’è qualcosa di sbagliato nei provvedimenti che firmano, rischiano di essere chiamati a rifondere i danni. Oppure – come accade, pare, con una certa frequenza in questa legislatura – se non assecondano i voleri del potente di turno, pagano con il posto. In qualche caso nella vicenda incide la non omogeneità di visione politica, vera o presunta, con la maggioranza che governa in quel momento. Raccontano di un direttore generale di un assessorato che venne allontanato da un governatore solo perché nominato dal predecessore, pur essendo di fede politica identica al Presidente della Regione.

Logico dunque che la direttrice generale della Sanità abbia voluto mettere le cose in chiaro: come costume invalso in questa legislatura perfino con gli addetti stampa, Quinto Fabio Massimo Solinas aveva nominato i vari direttori della sanità solo a tempo determinato. Un metodo antico, quanto raffinato, per placare gli appetiti dei partiti mantenendo saldo in mano il bastone – pardon, lo scettro – del comando. Come dire: se vai bene resti. Se vai male o mi va di cambiare perché il tuo partito di riferimento non si allinea, salti. Giri di giostra a tempo, con la salute dei cittadini in mano.

La direttrice Piras, dopo aver consultato l’ufficio legale della Regione, ha scritto chiaro e tondo: non si può fare. I direttori – è il succo del pensiero – non sono yogurt, la scadenza ravvicinata non è prevista da nessuna norma. In più, per essere scelti bisogna rientrare in specifici elenchi pubblici, costruiti in base a precisi requisiti. E siccome in Sardegna questi elenchi non esistono, o si pescano da altre regioni oppure ci si adegua alla legge nazionale di settore. La quale, a sua volta, prevede che i direttori sanitari, obbligatoriamente medici, “non possono avere più di 65 anni e devono aver svolto per almeno cinque anni attività di direzione tecnico-sanitaria in strutture di medie o grandi dimensioni”. Mentre i direttori amministrativi hanno il vincolo della laurea in materie giuridiche o economiche, ed è ugualmente richiesto il limite anagrafico dei 65 anni e il quinquennio minimo con compiti di direzione tecnica o amministrativa. A leggere diversi resoconti, sembra che i nominati che non rispettino i requisiti siano diversi.

Di buono c’è che gli atti firmati non sono illegittimi di per sé, ma solo annullabili in presenza di eventuali ricorsi (comunque da discutere). Sta di fatto che la sanità sarda è zoppa, la medicina di base in tanti comuni dell’Isola è un sogno, i pronto soccorso dei principali centri in difficoltà, e tanti medici – è notizia dei giorni scorsi – abbandonano la Sardegna in cerca di sistemazioni migliori e più dignitose. Una sorta di emigrazione di lusso.

Ma dalle parti di Villa Devoto tutto tace. D’altronde è questa la tattica più diffusa negli ultimi tre anni: tacere e attendere, attendere e tacere, qualcosa prima o poi accadrà.

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