Sanità in ginocchio ma non è colpa del virus, la crisi è strutturale
di Franco Colomo

30 Aprile 2021

4' di lettura

Di fronte allo stato in cui versa la sanità nuorese ormai non si può far altro che constatare lo stato di irreversibilità del male che la attanaglia. L’ultima volta che ci è capitato su queste pagine di dare i numeri – in senso letterale – delle carenze dell’ospedale San Francesco era ottobre dell’anno scorso, potremmo riproporre lo stesso articolo e nessuno se ne accorgerebbe. In tutto questo tempo non si è ancora proceduto alla nomina dei primari, erano venti e venti sono rimasti quelli sostituiti da facenti funzioni, il personale medico è carente in tutti i reparti in particolare per le specialità chirurgiche che necessitano di un minimo di due specialisti per turno. Non solo, mancano anche i tecnici: almeno venti tra Radiologia, Radioterapia, Laboratorio e Centro trasfusionale. Tra Neurologia e Ortopedia sono tredici gli infermieri in meno in organico. Il Pronto soccorso che si è fatto in tre tra percorso pulito, percorso sporco (pazienti non Covid e sospetti Covid) e Obi (osservazione breve intensiva) ha solo 16 medici. Il reparto di Medicina, allo stremo, è stato accorpato con quello di Geriatria per riuscire a coprire i turni: i reparti Covid erano due fino a un mese fa, uno è stato chiuso per la riduzione dei casi ma ora si vuole riaprire visti anche i numeri dei contagi in città. Non passa giorno in cui dall’ospedale di Nuoro non venga segnalato un caso, Radiologia, Chirurgia, Chirurgia vascolare, Pronto soccorso, Hospice, Laboratorio di analisi, Otorino. Allargando lo sguardo, a Macomer mancano Oss in generale e infermieri in Dialisi, a Sorgono mancano infermieri in Pronto Soccorso per la Dialisi e per le Cure domiciliari. Proprio da Sorgono è partita l’idea di recarsi al lavoro con il lutto al braccio, un modo per manifestare silenziosamente il proprio disagio ma anche, come hanno scritto il segretario di Cisl Medici Manuel Tanda e il coordinatore territoriale di Cisl Funzione pubblica Giorgio Mustaro, per unirsi in un coro unanime di ribellione e rivendicazione. Mustaro è molto chiaro, il Covid con tutto questonon c’entra niente e questa è la considerazione più sconsolante: la pandemia non ha messo in crisi la sanità ma ha solo fatto risaltare carenze strutturali sul territorio. L’agonia del servizio sanitario precede di parecchio l’arrivo del virus. Nuoro, che un tempo era considerato un punto di arrivo o un buon trampolino di lancio ha perso la sua attrattiva e lo si vede dal progressivo svuotamento delle sue storiche istituzioni. «Non mancano le risorse – sottolinea il coordinatore Fp Cisl – i soldi ci sono stati e tanti ma sono stati destinati male. La politica ha fatto le sue scelte». Anche il sindacato, ammette Mustaro, fa fatica a intervenire, «non c’è ascolto». L’ultimo caso in ordine di tempo e quello che riguarda la cosiddetta “premialità Covid”, poteva essere un momento in cui dare, appunto, il giusto premio a chi si è davvero sacrificato in questo tempo in condizioni quasi estreme, è stata invece l’occasione – commenta con amarezza l’esponente della Cisl – per ulteriori errori di valutazione e malumori». È il riflesso di qualcosa che non funziona nella struttura, nella gestione. «È una logica che accomuna tutta la Pubblica amministrazione – riflette Mustaro – e cioè quella per cui il livello inferiore non deve disturbare il livello superiore ma se la catena è silenziosa non vuol dire che funzioni. Si procede così a non denunciare i problemi, a mettere pezze per non mostrare debolezza ma al contrario farlo sarebbe segno di coraggio e correttezza. Se a questo si aggiunga la presunzione, gli effetti sono sotto gli occhi di tutti».

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